“Consentitemi di tentare una descrizione dell’empatia quale oggi a me pare soddisfacente. Non la definirei più “uno stato di empatia”, perché la ritengo più un processo che uno stato. Può darsi che riesca anche ad inglobare questa qualità.
-Un modo empatico di essere con un’altra persona ha molte angolature. Comporta una sensibilità, istante dopo istante, verso i mutevoli significati percepiti che fluiscono in quest’altra persona, dalla paura al furore, alla tenerezza, o confusione, o qualunque altra cosa essa stia sperimentando. Significa vivere temporaneamente nella vita di un altro, muovendocisi delicatamente, senza emettere giudizi; significa intuire i significati di cui l’altra persona è scarsamente consapevole, senza però svelare i sentimenti totalmente inconsci, perché ciò sarebbe troppo minaccioso. Coinvolge la comunicazione delle vostre percezioni del mondo dell’altro, del quale osservate con sguardo sereno e nuovo quegli elementi che l’altro teme di più. Significa controllare frequentemente in compagnia dell’altro l’accuratezza delle vostre percezioni, ed essere guidati dalle reazioni che ricevete. Siete il compagno fiducioso nel mondo interiore dell’altro. Segnalando i possibili significati nel flusso dell’esperire di un’altra persona, l’aiutate a concentrarsi su questa preziosa sorta di referente, a sperimentare più compiutamente i significati, e a procedere nell’esperienza. Essere con un altro in questo modo significa che per il periodo in cui vi ci trovate, voi mettete da parte le vostre concezioni e valori personali onde entrare nel mondo di un altro senza pregiudizi. In un certo senso, significa che voi stessi vi mettete da parte; questo può essere fatto solo da persone che sono abbastanza sicure di sé da sapere che non si perderanno in ciò che nel mondo dell’altro potrebbe risultare strano o bizzarro, e che possono comodamente ritornare al loro mondo personale appena lo desiderano.”.C.Rogers
“Mentre io vivo quella gioia (o dolore) che è provata da un altro, non avverto alcuna gioia originaria: essa non scaturisce in maniera viva dal mio Io, né ha il carattere di essere stata viva in precedenza come gioia ricordata, tanto meno essa è meramente fantasticata, priva cioè di una reale vita, ma è precisamente l’altro Soggetto quello che prova in maniera viva l’originarietà sebbene io non viva tale originarietà; la sua gioia che scaturisce da lui originaria, sebbene io non la viva come originaria. Nella mia esperienza vissuta non-originaria, io mi sento accompagnato da un’esperienza vissuta originaria, la quale non è stata vissuta da me, eppure si annunzia in me, manifestandosi nella mia esperienza vissuta non-originaria.” (cfr. Stein E., Il problema dell’empatia, pag. 79 e 81).
In sostanza, empatia è sentire ciò che l’altro sente ben sapendo che ciò che io provo non è mio ma è dell’altro e solo in questo modo potrò pormi nello spirito giusto di offrire il mio servizio.; empatia è molto più consapevolezza che tecnica!
Nell’ascolto e nella consapevolezza si prende coscienza quindi anche dei propri limiti e delle proprie potenzialità attuali, ma soprattutto e questa definizione mi nutre molto, si prende consapevolezza delle infinite potenzialità della nostra natura ontologica SAT-CIT-ANANDA (pura esistenza, coscienza e beatitudine)